martedì 5 dicembre 2017

OLYMPIAKOS - JUVENTUS


Atene, 20 settembre 1967 – Georgios Karaiskákis Stadium
OLYMPIAKOS–JUVENTS 0–0
Olympiakos: Vallianos; Gaitatzis e Zanteroglou; Pavlidis, Polychroniou e Aganian; Vasiliou, G.Sideris, N.Sideris, Jutsos e Botinos. Allenatore: Bukovi.
Juventus: Anzolin; Gori e Leoncini; Bercellino, Castano e Salvadore; Simoni, Del Sol, Depaoli, Cinesinho e Menichelli. Allenatore: Herrera.
Arbitro: Horváth (Jugoslavia)


La Juve di Heriberto, fresca vincitrice dello scudetto, si appresta a iniziare la sua avventura in Coppa Campioni. La squadra è praticamente quella dell’anno precedente, le frontiere sono chiuse, i fuoriclasse sono pochi e non sul mercato. La società bianconera prova a prendere il gioiellino del Torino, Gigi Meroni, ma i tifosi granata scendono nelle piazze e il presidente Pianelli è costretto (suo malgrado perché le casse della società piangono e i 700 milioni offerti da Agnelli avrebbero fatto comodo) a tenersi il Best italiano. Attraversa il Po l’altro Gigi granata, Simoni, arriverà anche Volpi dal Mantova: non faranno nemmeno in tempo a disfare le valige. In realtà, uno straniero la Juve lo prende, tale Roger Magnusson, tesserabile solamente per la Coppa Campioni. Farà vedere buone cose, nonostante lo scarso utilizzo. Tant’è che la compagine bianconera arriva fino in semifinale, battuta dal fortissimo Benfica della Pantera Nera Eusébio: 0–2 a Lisbona a 0–1 al Comunale a la coppa finisce qui.


“HURRÀ JUVENTUS”
Partita scorbutica: più del previsto e del prevedibile. Una gara che non ha fatto certo del bene al prestigio della Coppa dei Campioni; che non ha fatto del bene all’Olympiakos per il suo agonismo esasperato e deteriore; che soprattutto non ha fatto bene alla Juventus, la quale, pur uscendo dalla bolgia indenne nel risultato, deve segnare al suo passivo un grave infortunio toccato al suo capitano, nonché il rammarico di non aver saputo imporre la sua classe superiore alle Furie del Pireo. L’essere stato Anzolin poco o nulla impegnato torna a chiaro disdoro dei numerosi, ma sterili assalti dei greci, i quali sciuparono malamente l’unica occasione da goal che avevano saputo crearsi e al tempo stesso mette in evidenza come da parte juventina sia stata la difesa la vera protagonista del tempestoso scontro. Vero eroe di questa difesa è stato Castano, che, pur dolorosamente minorato dopo l’infortunio subito a dieci minuti dall’inizio, tenne ancora validamente il suo posto sino alla fine, offrendo un’ennesima prova esemplare della sua abnegazione, che non conosce sgomento anche nelle più sfortunate circostanze. Leoncini esce decisamente rivalutato da quest’ottima prova; Salvadore emerge nel clima del combattimento; a Bercellino spetta il gran merito di aver saputo imbrigliare Giorgio Sideris, il giocatore greco di maggior classe, a cui teniamo riconoscere anche una correttezza eccezionale. Del Sol ha prodigato senza risparmio il meglio delle sue energie e della sua esperienza. Cinesinho apparso un po’ sfiatato; pur lodevolmente impegnandosi per dare ordine in mezzo a tanto disordine, fu tradito talora nelle sue intenzioni dall’irregolarità del pallone troppo leggero e dalla durezza del campo e ne scapitò la sua abituale precisione. Le tre punte, anche perché poco sorrette dai compagni troppo impegnati e preoccupati a difendersi, hanno alquanto deluso: Simoni, in particolare, apparso oltremodo intimorito e frastornato. Depaoli vanta ai suo attivo un bel tiro di testa che, respinto dalla traversa, ha veramente sfiorato il goal. L’arbitro jugoslavo Horváth, a cui vogliamo riconoscere apprezzabili intenzioni di equanimità, ha negato un rigore evidente alla Juventus per un fallaccio su Depaoli. Ora c’è da chiedersi perché i giocatori ellenici si trasformano in Furie del Pireo contro la Juventus, usa a ben altri trattamenti nei confronti degli ospiti, e la risposta ci è stata data proprio da un greco e quindi assolutamente obiettiva. L’Olympiakos era riuscita in America a pareggiare con l’Inter, i giornali avevano annunziato che la squadra meritava di vincere e che quindi sarebbe stata facile vincitrice della Juventus non ancora in forma, come dimostrava la sua eliminazione dalla Coppa Italia. Così con il trascorrere del tempo, non riuscendo a far breccia i giocatori dell’Olympiakos sono diventati nervosi e scorretti. Uno è stato espulso, ma altri avrebbero meritato la stessa sorte.


“LA STAMPA”
Raramente noi abbiamo assistito, nella nostra carriera, ad una partita dalla levatura più modesta, e, diciamo pure tutta la verità ad una gara più scadente di questa di Atene. E raramente, anche, abbiamo visto un undici della Juventus giocare in modo così sconclusionato. Pareva che la squadra intera fosse stata colpita ad un dato punto da una malattia che avesse tagliato le gambe ed ottenebrato il cervello ai giocatori. Sarà stato il terreno durissimo, sarà stata la temperatura stranissima che passava dalla pioggia al caldo torrido, sarà stata la furia formidabile con cui l’Olympiakos si è gettato nella lotta, fatto sta ed è che la Juventus durante tutto l’incontro non ha quasi mai potuto entrare nella sua giusta carreggiata tecnica. La partita è incominciata in tono scadente, ed è terminata con una grande baruffa. La superiorità complessiva, come la supremazia tecnica, è stata quasi tutta della compagine greca. La quale, essenzialmente, ha corso di più ed ha finito per essere tradita dalla stessa foga con cui si è gettata nella lotta. Ha dominato in lungo ed in largo, ha dimostrato di essere anche nettamente avvantaggiata dalle condizioni locali di clima e di terreno, ma di gioco effettivo ed efficace ne ha fatto poco. Ha mancato a mezzo della sua mezz’ala sinistra, verso la fine del primo tempo, un’occasione che pareva impossibile di poter mancare, e in tutti i novanta minuti della partita questo è stato tutto. Una squadra, questo Olympiakos, che sa essere molto veloce e che in circostanze favorevoli (come sono state quelle della giornata) sa anche impegnarsi a fondo, certamente lo è. Con uguale certezza si può anche asserire non è compagine tecnicamente e tatticamente forte nel vero senso del termine. Nonostante la superiorità di cui ha dato prova, ha offerto alla Juventus più occasioni di segnare di quante non ne abbia fatte maturare per se stessa. Se la squadra bianconera si fosse trovata anche soltanto vicina ad un buon grado di forma e di rendimento, essa avrebbe potuto battere questa Olympiakos, magari con qualche difficoltà, ma in modo sicuramente convincente.
Tre o quattro ore prima dell’inizio della partita, era caduto su tutta la città un bell’acquazzone. Poi, era tornato il sole. Quindi, una pioggia più fine aveva ripreso a cadere, ed infine sole splendente: si era così piombati nuovamente nella temperatura calda ed afosa di prima. Già un’oretta prima del calcio d’inizio, circa 45.000 persone avevano affollato il recinto. Il campo era bello come apparenza in superficie, durissimo invece come fondo. Il pubblico faceva un tifo spietato e molto rumoroso per la squadra del suo cuore. Per tutto il quarto d’ora iniziale, la squadra campione della Grecia comandò il gioco, in modo netto e deciso La Juventus pareva come scossa ed incerta di fronte a tanta irruenza. Non riusciva a combinare una sola azione di attacco, non solo, ma nemmeno la sua difesa arrivava a dare prova della solita granitica saldezza, e si faceva cogliere in imbarazzo in più di una occasione. Come tiri diretti, però, l’Olympiakos sbagliava tutto. La Juventus fruiva comunque del primo calcio d’angolo. Nel cercare di intervenire per risolvere una situazione confusa, Castano saltando in alto si procurava una ferita, che forse, come si dirà in seguito, lo terrà lontano dai campi di gioco. Ma la prima volta in cui i bianconeri potevano sviluppare un attacco concreto, Depaoli colpiva la traversa. Era però sempre la grande foga che tradiva i greci, perché tra la sorpresa generale i bianconeri riuscivano quasi sempre a reggersi in piedi, su quella durissima superficie, meglio degli ateniesi. A qualche minuto dal segnale del riposo di metà tempo, un passaggio del centravanti greco, che aveva tutta l’aria di sembrare errato, metteva improvvisamente in possesso della palla la mezz’ala sinistra Jutsos. Questi, tutto libero, e da posizione più avanzata ancora del segnale bianco del calcio di rigore, spediva la palla ben alta sopra la traversa. Questa è stata l’unica volta in tutta la partita, in cui l’Olympiakos ha veramente meritato di andare in vantaggio. Complessivamente, tre calci d’angolo per parte in questo primo tempo.
La superiorità greca non era andata comunque oltre alla metà campo, ma era chiaro fin da allora che se la Juventus fosse potuta uscire indenne dall’avventura, poteva dichiararsi senz’altro ben lieta. Si sperava infatti che i greci risentissero nel secondo tempo dello sforzo sostenuto, e cominciassero a dare segni di stanchezza. Invece si continuò sullo stesso ritmo di prima, e la Juventus, da parte sua, continuò a dimostrarsi confusa ed imprecisa, particolarmente all’attacco. Il gioco della ripresa non era comunque più così unilaterale come lo era stato nella prima parte dell’incontro. La difesa si faceva più salda, e si cominciava a vedere qualche sgroppata in avanti. La Juventus otteneva subito tre calci d’angolo consecutivi, e Simoni, con un bel colpo di testa, costringeva il portiere greco Vallianos, ad una difficile parata alta. Poi, ricominciavano gli attacchi impetuosi dei greci, ed il gioco si faceva sempre più duro. L’arbitro, un gigante, si faceva rispettare, e distribuiva senza tanti complimenti grandi spintoni ai giocatori. Salvadore aveva qualche spunto notevole, e Depaoli, un paio di volte, pareva poterla spuntare tutto da solo, salvo poi sbagliare madornalmente al momento finale. L’irritazione era sempre più grande in campo, ed il pubblico urlava i suoi incitamenti. Finché, a sette od otto minuti dal termine, finiva per scoppiare un movimentato incidente. Un difensore greco afferrava Del Sol per la maglia, lacerandogliela. Del Sol reagiva, spedendo lontano la palla, e rispondendo con un calcio ai due o tre che stava ricevendo. Nasceva un’iradiddio. Avveniva una grossa baruffa fra i giocatori delle due parti, ad alcuni passi di distanza. La polizia entrava in campo per separare i contendenti. La confusione era enorme. L’ala sinistra ateniese Botinos, arrivando ben da lontano, piombava in piena corsa nella mischia, e prendeva a distribuire pugni a destra ed a sinistra e l’arbitro, giustamente, lo espelleva. Pareva che l’incontro dovesse venire sospeso, ma l’arbitro stesso, molto energicamente, finiva per imporsi, mandando fuori campo gli estranei, e facendo continuare il gioco fra l’urlio generale. Non solo, ma molto temerariamente egli prolungava la durata dell’incontro di quasi cinque minuti. E fra la confusione generale, la partita aveva finalmente termine col risultato in bianco. Un risultato, di, cui la Juventus può dichiararsi ben lieta, dopo la tempesta per la quale è passata. Nell’incontro di ritorno, che si svolgerà a Torino l’11 ottobre, le cose dovrebbero andare diversamente, anche perché la Juventus stessa non potrebbe, nemmeno volendo, non portarsi in modo migliore di quanto non abbia fatto oggi.
Un capitano di polizia ci permette di attraversare il campo. Entriamo così negli spogliatoi che la partita è terminata da pochi attimi. Negli scuri corridoi ci sono molti agenti, ma l’atmosfera è abbastanza tranquilla, gli incidenti che hanno movimentato la ripresa e che, per alcuni attimi, hanno fatto temere il peggio, sembrano già dimenticati. Andiamo prima dai greci. Bukovi, l’allenatore ungherese, brontola in francese che è stato un brutto match e che non vale la pena di parlarne. Giorgio Sideris, in discreto italiano, si limita a sospirare: «Troppo nervoso». Polychroniou, il capitano dell’Olympiakos, è amaro: «Noi non abbiamo speranze per la gara di ritorno; ma la Juventus, se giocherà sempre così, farà poca strada nella Coppa dei Campioni». Poi tocca ai bianconeri. Ecco Heriberto Herrera. Ha il colletto della camicia slacciato, sul suo volto ci sono i segni di una notevole tensione. La Juventus ha giocato male? Il trainer bianconero, naturalmente, è di avviso contrario. «Se c’era una squadra che doveva vincere – sostiene Heriberto – era la Juventus. Abbiamo colpito un palo, abbiamo creato molte occasioni da rete, mentre Anzolin, in pratica, mai si è trovato in situazioni difficili. L’Olympiakos può vantare un certo predominio territoriale, ma nulla di più. Si è confermata la compagine che ci avevano anticipato, rude e tenace, noi però, dal lato agonistico, abbiamo tenuto il confronto». Si discute sulla zuffa del secondo tempo. Per Herrera, la colpa è dell’arbitro, che non è intervenuto in tempo a frenare l’eccessivo slancio dei greci. Gli chiedono di riassumere un giudizio sulla Juventus. Heriberto è onesto: «Non ha fornito uno spettacolo brillante, ma si è adeguata alle circostanze. Qualcuno è stato bravissimo, Castano e Leoncini, per esempio, e Bercellino soprattutto. L’attacco, invece, ha ancora denunciato qualche incertezza. Ma, con un po’ di fortuna, poteva anche segnare. Brutto il fondo del campo, troppo leggero il pallone». Il discorso svicola. Ed allora interrompiamo il tecnico paraguayano con una domanda: Contento o no, del risultato? Herrera risponde filosoficamente: «Risultato buono». Intanto esce Del Sol, uno dei protagonisti della mischia. «Mi tenevano in molti – racconta – mi hanno preso per la maglia e me l’hanno strappata. L’arbitro niente, zitto. Allora ho tirato fuori campo il pallone. Uno degli avversari mi ha spinto, credo sia Vasiliou, un altro, Botinos, mi è venuto accanto e mi ha dato un calcio. L’arbitro lo ha espulso. È, successo un po’ di parapiglia, però nulla di veramente grave. Lo 0–0 ci è utile e mi sembra che abbiamo almeno dimostrato di aver preso la partita molto sul serio». Se ne va zoppicando. Zoppica Del Sol, zoppica Castano, gli altri non lamentano brutte botte. Ed il presidente Catella tira i conti: «Una conclusione accettabile. Sapevamo di non essere al massimo della forma, il pareggio ci serve per l’avvenire». I giocatori salgono sul pullman, pochi tifosi sono fuori in attesa, qualcuno si aspetta dei fischi e fioriscono invece timidi battimani. Una partita modesta, che ha dato uno 0–0 abbastanza logico, uno 0–0 che, in particolare, rappresenta una specie di garanzia per la gara di ritorno a Torino. Lasciamo lo stadio incolonnandoci tra le macchine che riportano in città i 45.000 spettatori.

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