venerdì 28 aprile 2023

Cristian ZENONI


Chissà, forse per un’affinità elettiva derivante dalla denominazione da... liceo classico – scrive Franco Montorro, su “Hurrà Juventus” del novembre 2001 –, con un sostantivo latino e il nome di una figura della mitologia greca, fatto sta che sono sempre stati intensi i contatti di mercato tra Atalanta e Juventus e dalla società orobica a Torino, per indossare la maglia bianconera, sono arrivati fior di giocatori: da Tacchinardi a Montero solo per ricordare i più recenti, a Scirea, per ricordare il più grande di tutti e uno dei più grandi al mondo nel suo ruolo.
Così, sull’ideale autostrada calcistica BG-TO il percorso di Cristian Zenoni, ultimo arrivato, ha appunto il conforto di una ottima tradizione e di scelte sempre oculate da parte del club juventino. Questo Cristian lo sa, come è consapevole che proprio per essere rampollo di una lunga dinastia di calciatori passati dall’Atalanta alla Juve ha qualche dovere in più. Ma la principale consapevolezza di Cristian in questo di momento è fare il suo dovere, essere recluta in una formazione e in un reparto collaudati. E lui, da ragazzo intelligente, sta agli ordini di Lippi; un maestro ideale per aiutarne la maturazione e il progressivo inserimento negli schemi della squadra, dove per Cristian e stato già ritagliato un prezioso ruolo in difesa e davanti la difesa. Tanto scomodare un precedente illustre (ma, peccato, non proveniente dall’Atalanta) un impiego simile, all’insegna della duttilità, caratterizzò la prima stagione juventina di Marco Tardelli.
Christian non è tipo da montarsi la testa, così come non se l’era naturalmente fasciata quando da titolare all’Atalanta gli si è prospettata l’ipotesi di fare tanta gavetta e tanta panchina alla Juventus. In primo luogo perché è giovane e rispettoso delle gerarchie e dei meriti; secondariamente perché certo delle sue qualità e delle opportunità di giocare comunque molto, vista la molteplicità di impegni della squadra bianconera. E già dopo poche settimane del suo arrivo a Torino aveva tenuto a sottolineare la sua disponibilità, che oggi riconferma: «Davvero non mi aspettavo di giocare così tanto e naturalmente sono felicissimo. Ma anche in caso contrario avrei continuato a impegnarmi come voleva il mister; soprattutto per un giovane è fondamentale essere sempre pronto e disponibile a entrare in campo e a giocare come e quando la situazione lo richiede. Invece ci sono giocatori che una volta arrivati in una grande squadra giocano poco e chiedono il trasferimento. Non è il mio caso. E poi, alla resa dei conti, di occasioni di impegno non mancano».
Così è stato a Glasgow, nell’ultima trasferta di coppa della prima fase, con Cristian schierato sempre a destra ma a centrocampo e autore di una prova convincente soprattutto all’inizio, prima che fosse costretto ad arretrare il suo raggio d’azione. A centrocampo o in difesa, sempre sulla fascia, Cristian garantisce un’ottima tecnica mescolata a un convincente dinamismo. Lui per primo è consapevole e convinto di poter migliorare nel trattamento di palla, al tiro come nei cross. Dettagli rimediabilissimi, vista la giovane età e la volontà di Cristian di allenarsi anche per questo.
Nato a Trescore Balneario, in provincia di Bergamo, il 23 aprile del 1977, insieme al gemello Damiano ha preso quasi subito a giocare al pallone. E la carriera dei due è proseguita parallela e congiunta per molti anni. «Abbiamo sempre giocato assieme, a partire dalla squadra del Cenate, nel 1986», ricorda Cristian. «L’anno successivo siamo passati in coppia all’Atalanta, dove siamo rimasti fino al 1997, quando Damiano è andato a giocare per una stagione in C1, in prestito all’Alzano. E così io ho esordito in Serie A prima di lui: io nell’ottobre del 1997 nel derby con il Brescia, lui tre anni dopo, contro la Lazio. In nazionale, invece, è stato più rapido lui, visto che ha esordito in Italia-Inghilterra del novembre 2000 ed io contro l’Argentina nel febbraio di quest’anno. Siamo sempre andati d’accordo su tutto, tranne che per il tifo. Lui è juventino, io ero interista, e il mio idolo era Matthäus anche se come tipologia di giocatore io assomiglio di più a un Brehme. Ma ora io e Damiano siamo tornati a essere d’accordo anche su quello, e lui è diventato ancora di più il mio primo tifoso. Io ricambio e condivido il sogno di giocare con lui in maglia azzurra. Già, l’azzurro... Un onore, una sensazione fantastica. No, non faccio pensieri specifici per il Mondiale, credo e spero che la mia prima stagione juventina mi metta nelle migliori condizioni possibili per convincere Trapattoni. Prima, però, devo convincere Lippi, i miei compagni e i miei tifosi. L’ambientamento a Torino, lo ripeto, è stato facile e immediato, nella città come nella squadra, quasi naturale e di questo devo naturalmente ringraziare soprattutto i miei compagni, quelli che dal primo giorno mi hanno accolto come uno di loro e tutto lo staff societario. Il mio ruolo naturale? Io mi trovo perfettamente a mio agio sulla fascia destra, nasco e agisco con più naturalezza da terzino, ma anche nella fascia immediatamente più avanzata penso di sapermela cavare e credo che questa disponibilità a giocare in posizioni diverse alla fine mi regali più opportunità d’impiego. Io sono qui, felice di essere arrivato alla Juve; convinto di avere una grossa opportunità e voglioso di giocarmela tutta. Campionato o Champions League? Come si fa a scegliere, si gioca per tutto e non si possono fare delle scelte per un obiettivo anziché un altro. No, passiamo a un’altra domanda? Come? Libero! Non nel senso di ruolo calcistico, ma di essere single. Dal punto di vista sentimentale sono liberissimo».
E lo dice con un tono che lascia intendere come le corse le prediliga sul campo, con la maglia bianconera, mentre non andrebbe certamente in fuga se arrivasse l’avversaria... pardon, la ragazza giusta. Anche se il finale dell’intervista e una dichiarazione d’amore per la Vecchia Signora: «È una grande squadra, la migliore che potessi immaginare. Spero di aiutarla a essere sempre più grande e a vincere perché sarebbe anche la maniera migliore di ricambiare chi ha avuto fiducia in me, compreso il mio più grande tifoso e critico, vale a dire mio padre Valerio, e tutti gli straordinari tifosi che fin dal primo giorno di raduno mi hanno fatto sentire uno di loro, uno con il bianconero dentro».
Niente male, per l’ultimo arrivato sulla Torino-Bergamo, visto che poi la considerazione e l’affetto per lui sono cresciuti non solo fra i tifosi ma anche fra i compagni e l`intero staff societario. A questo punto, come tifare per Cristian nel migliore dei modi? Augurandogli che al prossimo trasferimento di un atalantino alla Juve qualcuno, magari proprio su Hurrà, scriva due righe del tipo: «Dall’Atalanta a Torino, per indossare la maglia bianconera, sono arrivati fior di giocatori: da Tacchinardi a Montero a Zenoni solo per ricordare i più recenti». Lui quell’augurio se lo sta meritando giorno per giorno, dentro e fuori il rettangolo di gioco.

Arriva a Torino al costo di 15 miliardi di lire, una cifra non indifferente per un giocatore di una squadra medio-piccola e nonostante la concorrenza, Cristian fa la sua parte nel rocambolesco scudetto juventino: le sue presenze sono 39, condite da una rete segnata nella vittoriosa partita di Perugia per 4-0.
L’anno successivo, Zenoni riesce a disputare solamente una ventina di partite, realizzando ancora una rete, nell’ultima partita di campionato contro il Chievo; comunque sia, entra nella sua personale bacheca un altro scudetto, il secondo consecutivo.
Nell’estate del 2003, la neopromossa Sampdoria lo acquista per un milione di euro. «Alla Juventus in due anni ho imparato molto, ma adesso sinceramente voglio avere qualche possibilità in più di giocare. Spero di meritarmele qui alla Samp e dimostrare che la Juve non aveva sbagliato a credere in me».

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